Pareri resi

O G G E T T O: Restituzione di beni immobili e locali sottratti alla Chiesa per effetto delle leggi “Siccardi del 1850 e delle leggi eversive del 1866 e del 1867” – Articolo 73 della legge del 20 maggio 1985, n. 222 – Articolo 8 della legge del 27 maggio 1929, n. 848 – Istanza di retrocessione al Comune 

L’articolo 73 della legge del 20 maggio 1985, n. 222 (Rubr: “Legge di attuazione del Concordato con la Chiesa Cattolica del 1984, recante disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi”) ha stabilito che le cessioni e le ripartizioni di beni ecclesiastici previste dagli articoli 6, 7 e 8 della legge del 27 maggio 1929, n. 848 (“di attuazione del Concordato dello Stato Italiano con la Chiesa Cattolica del 1929 e recante disposizioni sugli enti ecclesiastici e sulle amministrazioni civili dei patrimoni destinati ai fini di culto”), in quanto non siano state ancora eseguite, continuano ad essere disciplinate dalle disposizioni vigenti e perciò dagli stessi articoli 6, 7 e 8.

In particolare, l’art. 8 della legge n. 848 del 1929 dispone che “Comuni e Province ai quali siano stati concessi i fabbricati dei conventi soppressi per effetto dell’art. 20 della legge del 7 luglio 1866, n. 3036, ne rilascino, su istanza dell’Ente ecclesiastico, una congrua parte da destinarsi a rettoria della chiesa annessa (o del luogo di culto annesso), quando questa sia stata conservata al pubblico culto”.

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Da tali disposizioni normative si evince come la Parrocchia per rientrare in possesso dei locali precedentemente sottratti e annessi alla Chiesa (-Convento) e comunque alla Parrocchia, debba presentare apposita istanza al Comune ove hanno sede detti beni.

In detta istanza occorre indicare che i locali da far retrocedere (gratuitamente) al patrimonio ecclesiastico siano annessi effettivamente alla Parrocchia e alla Chiesa e che detto edificio religioso sia effettivamente destinato al pubblico culto (con celebrazione di messe e di tutte le varie funzioni religiose).

Inoltre sarà bene specificare, nell’istanza di retrocessione, che i locali in questione saranno, una volta restituiti al patrimonio ecclesiastico, destinati a rettoria, al soddisfacimento di finalità di culto, religiose, di opere missionarie e/o caritatevoli e comunque utilizzati per opere connesse al culto che si celebra nella vicina Chiesa (convento).

A tal proposito per giurisprudenza amministrativa conforme, per “locali da destinarsi a rettoria” non devono intendersi soltanto l’insieme dei locali adibiti ad ufficio amministrativo o ad abitazione dei rettori, del clero e dei religiosi, ma anche quegli uffici utilizzati per le opere connesse al culto che nella chiesa si celebra (così: Cons. Stato, sez. V, sent. del 18 ottobre 2002, n. 5769; Cons. Stato, sez. I, parere n. 1263/89 del 18 ottobre 1989). Inoltre, “per opere connesse al culto” devono intendersi le attività dirette all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, ai scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana (in merito: T.A.R. Lazio, sez. II, Roma, sent. del 16 luglio 2014, n. 7593; Cons. Stato, sez. V, sent. del 18 ottobre 2002, n. 5769; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, sent. del 5 maggio 1993, n. 298).

Senza potersi escludere che detti locali, una volta restituiti alla Chiesa, potranno essere destinati anche ad uso di uffici amministrativi della Chiesa, ad abitazione e ricovero di religiosi, di laici bisognosi e di persone che prestano la loro attività per scopi parrocchiali e per finalità caritatevoli e di assistenza ai più bisognosi.

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Una volta formulata, da parte della Parrocchia, l’istanza di retrocessione gratuita, il Comune avrà l’obbligo di pronunciarsi espressamente su questa ai sensi dell’art. 8 della legge del 27 maggio 1929, n. 848; fermo restando comunque un margine di valutazione discrezionale, in capo all’ente Comunale, finalizzata ad individuare la congruità della cessione gratuita rispetto all’interesse pubblico generale (a tal proposito riguardo anche l’istituto della retrocessione dei beni espropriati ex art. 47 del D.p.r. n. 327/2001: T.A.R. 

Sicilia, Catania, sez. III, sent. del 5 maggio 1993, n. 298; Cons. Stato, sez. IV, sent. del 2 gennaio 2019, n. 22).

Il Comune deciderà su detta istanza di retrocessione con deliberazione del Consiglio comunale.

Il provvedimento consiliare, da assumere da parte del Comune, va adeguatamente istruito e motivato, secondo i canoni di imparzialità e ragionevolezza, avuto riguardo alla situazione reale fatta presente nell’istanza di retrocessione e alle esigenze manifestate dalla Parrocchia, considerata dalla legge come Ente ecclesiastico portatore di un interesse legittimo c.d. pretensivo.

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Nel caso in cui il Comune non impronti la propria azione a canoni di legittimità (come anche sopra specificati), o se non risponda affatto all’istanza entro i termini di legge (trenta giorni dalla presentazione, ex art. 2 della legge n. 241/1990), la Parrocchia potrà tutelare le proprie ragioni innanzi al Giudice Amministrativo.

Dopo l’emanazione di provvedimento comunale di accoglimento dell’istanza di retrocessione, occorre che intervenga, tra le parti, un accordo formale di cessione gratuita dei beni immobili in questione.

Qualora insorgano tra il Comune e la Parrocchia disaccordi sull’an e sul quantum dei beni da rilasciare, sul relativo (eventuale) contenzioso è competente a decidere, con una particolare procedura giudiziale-amministrativa, il Ministero dell’Interno (Direzione Generale degli Affari dei culti); ciò ai sensi dell’articolo 29 del Regio Decreto n. 2262/1929.

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Quindi, per ottenere la restituzione dei locali a suo tempo sottratti alla Chiesa, è necessario, innanzitutto, che venga formulata istanza espressa al Comune ove hanno sede i locali in questione.

In detta istanza occorre che, chiaramente, venga indicato

a) i locali da riacquisire con i loro riferimenti catastali;

b) la loro vicinanza e connessione funzionale con la Chiesa dove si svolgono, ad oggi, funzioni di culto

c) la destinazione futura di questi locali a finalità parrocchiali, di abitazione dei religiosi, a scopi ecclesiali, missionari, caritevoli, assistenziali, sanitari, di ricovero di bisognosi, alla formazione del clero, dei religiosi, al catechismo e all’educazione religiosa dei laici.

 



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